La calcografia: unicità nella serialità di arte come dialogo tra regola e originalità. Il caso diventa metodo
Ho sempre ritenuto fondamentale per il mio lavoro saper coniugare i trascorsi storici, le conoscenze culturali e tecniche con la continua scoperta di ciò che il rapporto con il nuovo e diverso può generare. L’intento mio più caparbio è stato lo sforzo di sostenere il valore della creatività, anche nell’ottica dell’insegnamento di Winnicott, quando afferma:
“[...] In ciascun campo culturale non è possibile essere originali eccetto che sulla base della tradizione. L’azione reciproca fra originalità e accettazione della tradizione quale base dell’inventiva mi sembra essere un altro esempio, molto affascinante, dell’azione reciproca tra separazione e unione [...]”1.
Quindi, procedendo con la ricerca calcografica e, in particolare, nel lavoro il Fossile. Regole e trasgressioni, 1999, e le altre opere degli anni 1997- 1999, ho raggiunto la consapevolezza che l’incisione, quale testimonianza di una tecnica antica dalle svariate opportunità inventive, fosse una via delle possibili traduzioni di questa continua azione reciproca fra tradizione e originalità.
La regola della realizzazione della matrice e della stampa seriale diventa, attraverso la trasgressione/originalità, l’opportunità di conferire all’immagine/multiplo, ottenuta da una matrice stampata, una vita autonoma, ossia un singolo esemplare, un’immagine originale e irripetibile. Questa necessità dell’operare, che è scelta consapevole, assurge a ruolo di metodo e contemporaneamente lo bandisce.
Con opere su carta e su tela intendo argomentare su come la gestione inusuale delle regole dell’incisione offra spazio e libero intervento alla creatività, attraverso la manipolazione e trasgressione delle regole stesse. Senza escludere il valore del fare sperimentale che conduce a un controllo consapevole del caso e dell’improvvisazione. Durante il lavoro la mia attenzione non è volta solo al raggiungimento di un risultato, vale a dire dell’opera finita, ma viene catalizzata dal procedimento, dagli strumenti operativi e dai mezzi espressivi di per se stessi.
Questo interesse trova nel monotype (monotipo) e nel monoprint (mono- stampa) la direzione più rispondente e congeniale al mio fare: sono una finestra all’immaginazione e alla ricerca espressiva, dove mezzi e supporti si possono diversificare con interscambi continui.
Anche a causa della propria evoluzione storica, il monotipo e la monostampa mantengono un legame con la stampa d’arte originale, soprattutto per l’uso comune di alcuni strumenti: colori, lastre, rulli, carte e torchi. Ed è questa l’unica connessione con le opere grafiche multiple: l’immagine viene trasferita sulla carta proprio tramite il torchio o con una pressione manuale.
Lo statunitense Michael Mazur, pittore e incisore contemporaneo, a proposito del monotipo, spiega come il manifestarsi di questa tecnica sia legata a particolari circostanze storiche:
“Il monotipo è un procedimento da pittore. Anche se nasce in uno studio di incisione, è comunque il prodotto dell’immaginazione e dell’irrequietezza del pittore.
Strumento perfetto per l’improvvisazione, per manifestarsi il monotipo ha aspettato il momento in cui l’inchiostro viene asportato a mano dalla prima lastra incisa. L’unica spiegazione perché ciò si verificasse è che gli artisti, pur avendo disegnato le loro incisioni sulla lastra, le hanno raramente stampate in prima persona. Sono sicuro che nel cestino dei rifiuti degli stampatori sono finite molte immagini uniche, fuga occasionale dal tedio della ripetizione. Se Rembrandt e Seghers non avessero spinto l’acquaforte al limite della stampa unica, improvvisare con il solo inchiostro non sarebbe stato possibile che molto più tardi”.
Tra le varie tecniche di stampa, mi incuriosiscono maggiormente monotipi e monostampe perché sono un insieme linguistico interessante: non sono né stampa né dipinto, ma una combinazione dei due, unita al concorso di elementi fortuiti. L’opera risulta quindi assolutamente senza uguali, al pari di un acquerello, una pittura o una tecnica mista.
Fossile
La peculiarità del monotipo consiste nell’essere esemplare irripetibile: la matrice si perde nel medesimo momento in cui si realizza la stampa. Nelle monostampe, invece, la matrice non si perde, anzi, diviene il mezzo essenziale per originare stampe uniche con caratteristiche tecnico-linguistiche differenti che esplicito giocando ogni volta con uno o più elementi del linguaggio visivo (segno, colore, forma o composizione). Inoltre, vi sono anche gli effetti dell’inchiostrazione, ottenuti tramite modalità diverse, che apportano una continua elaborazione all’immagine originale e giocano un nuovo e specifico ruolo, che fa della stampa un’impressione singolare e unica.
Citato in C. Esposito Hayter, Il monotipo. Storia di un’arte pittorica, Skira, Milano 2007.
Tra fare, pensare e vedere si instaura uno stretto rapporto, il cui nucleo è costituito da una metodica di lavoro e da un processo di elaborazione che vuole privilegiare la spontaneità creativa, benché sottomessa alle regole. Nel tentativo di interrogare le superfici, di formulare piani di azione ipotizzando i risultati, di perseverare nella ricerca e mettere ordine nelle procedure di indagine, osservando quel che succede, il cammino dell’opera avanza verso l’unicità.
Con il metodo di non avere un metodo, ma certezze sui significati della sperimentazione, le immagini impresse dal torchio si ripetono, foglio dopo foglio, quasi ossessivamente, diversificandosi tuttavia l’una dall’altra, attraverso interventi diversi sulla matrice. Esalto così intenzionalmente la diversità che le connota e le differenzia dalla stampa seriale. Questa diversità legittima il monotipo e la monostampa quale unicum, opera che bandisce il pennello per privilegiare il torchio, perché ha in sé quella speciale fascinazione che permette di considerare la magia del caso e dell’imprevisto.
È nell’apertura sollecitata dall’inciampo, dall’inatteso che il pensiero si slarga e rotola sulla propria strada, una strada nuova, non ancora percorsa. Che l’incidente improvviso sia una risorsa sussurrata all’immaginazione? Davvero un volo, a partire dalla materia, leggera o pesante che sia?
Il torchio, come gioco d’azzardo, accetta la sfida e la rimanda, modifica, nega o esalta l’intervento e costringe ogni volta a rimettersi in gioco. Segni sospesi per qualche istante a un destino impensato sanno trovare equilibri inattesi.
Sentiero antico
Avanzi.
Smunto rosa e grigio
e azzurro
colore della memoria pesante passo del tempo affonda la pietra.
Acciottolato tratturo
cibo e vita
stupore e conquista.
Solchi e cammino e viaggio di sempre.
Sara Montani
1 D.W. Winnicott, Gioco e realtà, Armando Editore, Roma 1974.
Sara Montani, Vivere l'arte, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI) 2022.